COVID-19: UNA CICATRICE CHE SI FA INSEGNAMENTO

Tipologia: Notizia
Il ricordo del Direttore generale Rossi "A un anno di distanza non credo siamo migliori, ma più consapevoli rispetto alle nostre potenzialità e debolezze".
La Pandemia ci ha messo difronte ad un fatto inconfutabile: il rischio zero non esiste. Del 21 febbraio 2020 ricordo il momento esatto in cui, tornando a casa dal lavoro, ho invertito il senso di marcia per rientrare immediatamente in ospedale. Era venerdì, tardo pomeriggio: una telefonata confermava il primo caso di coronavirus in città. In poche ore l’arrivo di decine di pazienti in pronto soccorso: stavano male, le condizioni cliniche erano molto gravi e noi non sapevamo cosa fare.
In quel fine settimana è accaduto qualcosa di devastante: la paura dei pazienti era quella di medici, infermieri. Per la prima volta noi sanitari, abituati all’urgenza, eravamo annichiliti, sgomenti. Questa condizione comune è stata anche una forza. Da subito abbiano agito insieme, come se gli ospedali di Cremona, Oglio Po e i servizi territoriali fossero un reparto unico. Ognuno è arrivato all’essenza della professione: siamo stati costretti a trasformare la non conoscenza in esperienza; a reinventarci di ora in ora, a modificare percorsi, protocolli, spazi. Chirurghi, ortopedici, cardiologi, con l’aiuto dei colleghi, si sono fatti pneumologi e infettivologi. A distanza di un anno non credo siamo migliori, ma più consapevoli rispetto alle nostre potenzialità e debolezze.
A restare impresse sono immagini e numeri. 22 febbraio: la tenda di pretriage istallata dalla protezione civile. 11 marzo: l’OMS dichiara lo stato di pandemia. 18 marzo: l’arrivo dell’ospedale da campo. 614 i pazienti covid ricoverati in contemporanea. 60 i posti di terapia intensiva attivati (di norna 12). 15mila litri: il consumo quotidiano di ossigeno (10mila quello di una settimana normale). 27 dicembre: i primi vaccini. Si torna a sperare, la fiducia nella ricerca è una scelta necessaria.
Negli ultimi dodici mesi abbiamo compreso che il tempo della malattia cambia il nostro modo di essere e di esserci; che vivere significa convivere. Che al dolore non sempre si può dare un nome, che sperimentare è imparare (mi riferisco all’efficacia di cure domiciliari e telesorveglianza, all’importanza della medicina di base e territoriale). Ad infonderci coraggio sono stati i messaggi di gratitudine, la guarigione di molti pazienti e le centinaia di donazioni ricevute.
Il 2020 per noi è una cicatrice che si fa insegnamento: non abbiamo mai smesso di investire nelle risorse umane e nella tecnologia; stiamo avviando la campagna vaccinale di massa e pensando con determinazione al nuovo ospedale.
Vorrei ringraziare per nome chi ha lavorato, chi ci ha sostenuto, chi si è ammalato e chi non c’è più. Non basterebbe il giornale intero. Che ciascuno possa far suo il mio Grazie personale.
Giuseppe Rossi
Direttore Generale ASST di Cremona
Nella foto di Luca Andriollo la tenda prima tenda di pre-triage montata dalla protezione civile fuori dall'Ospedale di Cremona il 22 febbraio 2020.
Responsabile della pubblicazione: Comunicazione
Ultimo aggiornamento: 16/10/2024