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Attraverso le parole, esperienze di persone in detenzione
27 June 2016
Notizia
Questo il titolo del primo evento che coinvolge l’ASST di Cremona durante il Festival Porte Aperte che si terrà in città dal 1 al 3 luglio 2016. Si tratta una tavola rotonda che coinvolge Sanità penitenziaria, Centro Psicosociale, Servizio di Psicologia clinica, Ufficio Comunicazione (ASST di Cremona) e Casa Circondariale.
L’appuntamento è per le ore 12 di venerdì 1 luglio presso SpazioComune (Piazza Stradivari).
L’invito a partecipare è rivolto a tutti i cittadini.
Come superare i confini e limiti visibili e invisibili determinati dalla propria condizione?
Dove è andata a nascondersi quella parte di umanità in chi ha incontrato e agito il male?
Le risposte, in parte, sono contenute in “Attraverso le parole”, iniziativa nata da due esperienze culturali condotte nel carcere di Cremona dalle Psicologhe Gabriella Leggio e Raffaella Galli: un laboratorio di scrittura narrativa e gruppi di training autogeno.
Sono parole oltre le chiavi, le sbarre, il muro. Parole sulla soglia per dare un senso a giorni sempre uguali, scanditi da orologi senza tempo. Perché “non ho mai avuto sensazioni speciali su me stesso”; perché “mi sveglio con la paura di notte per tanti motivi”; perché “ho visto una piccola luce in fondo alla mia testa”. Parole in pena, colme di tensione umana e desiderio di normalità che raccontano di un possibile viaggio di ritorno da dentro le mura alla città fuori, grazie alla conoscenza e alla consapevolezza di sé.
“La nostra presenza al Festival - spiega Camillo Rossi - Direttore generale dell’ASST di Cremona - desidera testimoniare il lavoro che stiamo facendo all’interno della Casa Circondariale di Cremona finalizzato a fornire alle persone in regime di detenzione alcuni strumenti essenziali, tesi ad approfondire la visione di sé, a capire che la restrizione fisica non corrisponde necessariamente alla restrizione mentale e all’impossibilità di esprimersi. Per questo la presenza dei medici, psicologi e infermieri, al di là della pratica tradizionale di cura altrettanto importante, ha un valore rieducativo e di supporto. Progetti come il laboratorio di scrittura narrativa e l’esperienza del training autogeno servono ad alimentare la presa di coscienza in termini positivi di queste persone, rispetto alla realtà e al loro vissuto e di conseguenza possono rappresentare un utile insegnamento anche per chi sta fuori dalle mura, per la società e il territorio”.
“Queste due importanti iniziative raccontano di come in carcere si possa fare cultura - spiega Maria Gabriella Lusi, Direttore della Casa Circondariale di Cremona. Accanto a strumenti come istruzione, lavoro, religione, sport, e grazie alla collaborazione istituzionale – in questo caso con ASST di Cremona – è possibile aprire la mente delle persone in tal modo generando cultura. Agire insieme in termini culturali significa creare le condizioni per raggiungere risultati efficaci in funzione di un benessere individuale e organizzativo; significa includere il carcere nel suo territorio superando pregiudizi e separazioni.
Attraverso le parole sono emerse sensazioni ed emozioni dei detenuti (e degli operatori) tali da rafforzare l’idea che il carcere altra funzione non debba avere se non la riscoperta delle persone, delle loro risorse e potenzialità. E’ infatti l’approccio rieducativo il modo più efficace per prevenire la recidiva e restituire significato al nostro lavoro in funzione della società e della sua sicurezza”.